Bilancio di sostenibilità: obbligo o opportunità?

Alcuni studi universitari hanno mostrato come la percentuale del valore di un’azienda misurato dal tradizionale bilancio economico-finanziario sia pari a circa il 20%; il restante 80% è rappresentato dai cosiddetti dati non finanziari, che devono essere misurati attraverso un sistema di reporting aziendale in grado di rappresentare e comunicare la responsabilità dell’impresa sui tre piani della sostenibilità: economico, ambientale e sociale.

Dall’invenzione del metodo della partita doppia sino ai giorni nostri, la quantità di informazioni riportate all’interno del bilancio aziendale è andata via via aumentando, rappresentando ogni volta una rivoluzione ed un aumento di chiarezza verso gli stakeholder esterni.

Si pensi solo al più recente passato, con l’introduzione della nota integrativa e della relazione sulla gestione, che ci porta ad ampliare notevolmente il numero di schemi di bilancio e la rappresentazione del valore intrinseco dell’azienda.

Sull’onda di questa evoluzione risulta oggi doveroso dedicare un ampio spazio del reporting aziendale per raccontare – e soprattutto misurare concretamente – i risultati raggiunti dall’azienda sul piano ambientale, sociale e di governance.

Il documento che accompagnerà questa ulteriore evoluzione del sistema di reporting aziendale è il bilancio di sostenibilità e verrà sempre più integrato con il bilancio economico finanziario al fine di avere una fotografia aziendale a 360°.

Cos’è un bilancio di sostenibilità e quali vantaggi apporta al business?

Il bilancio di sostenibilità, a differenza del bilancio economico, ha come obiettivo quello di informare gli stakeholder – cioè tutti i soggetti con cui l’impresa viene in contatto – dei risultati economici, sociali e ambientali generati dall’azienda nello svolgimento delle proprie attività, rendicontando le performance non finanziarie e i loro impatti socio-ambientali sulla comunità e sul business.

Il bilancio di sostenibilità si rivolge quindi a tutti i portatori di interesse di un’azienda (dipendenti, fornitori, clienti, comunità locali, media, investitori, finanziatori) e viene, normalmente, pubblicato una volta all’anno.

La rendicontazione non finanziaria, anche detta reporting di sostenibilità oppure reporting ESG (Environmental, Social and Governance), è un processo che permette di:

  • Misurare l’impatto dell’azienda sull’ambiente, la comunità e il territorio;
  • Facilitare l’identificazione di eventuali opportunità e minacce che derivano dalle attività dell’impresa, dai suoi prodotti, servizi e rapporti commerciali;
  • Monitorare periodicamente i dati relativi alla gestione e all’andamento dell’azienda, per ridurre i costi operativi e migliorare le performance;
  • Migliorare la credibilità e la brand reputation dell’azienda di fronte a tutti gli interlocutori coinvolti, in particolare banche e investitori;
  • Aumentare la capacità di attrarre e fidelizzare risorse con le giuste competenze.

Report di sostenibilità: quando è obbligatorio?

La direttiva europea 2014/95/UE rende la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario obbligatoria per le imprese di interesse pubblico di grandi dimensioni, lasciandola volontaria per le PMI.

Nonostante il bilancio di sostenibilità non sia obbligatorio per tutte le aziende, sta diventando una pratica diffusa nelle realtà “virtuose” che vogliono dimostrare il proprio impegno verso le tematiche ambientali, attrarre investitori e sostenere l’eticità del proprio business.

Le vicende legate agli ambiti sociale, ambientale ed economico che ricadono nell’alveo della “sustainability” sono sempre più attenzionate dall’opinione pubblica.

Il 5 gennaio 2023 è inoltre entrata in vigore la nuova CSRD (Direttiva 2022/2464), normativa europea che ha fissato degli step fondamentali per il prossimo futuro nell’ambito della misurazione e rendicontazione non finanziaria. Secondo tale nuova normativa, dal 2025 saranno obbligate al reporting di sostenibilità tutte le grandi imprese che superano due dei tre requisiti dimensionali fissati (20 milioni totale attivo di Stato Patrimoniale, 40 milioni di ricavi, 250 dipendenti), ampliando notevolmente la platea dei soggetti che saranno coinvolti.

Attualmente sono interessati dall’obbligo di rendicontazione non finanziaria gli enti di interesse pubblico che superano due dei tre requisiti dimensionali fissati (20 milioni totale attivo di Stato Patrimoniale, 40 milioni di ricavi, 500 dipendenti – D.Lgs. 254/2016 che norma l’obbligo di Dichiarazione non finanziaria o DNF).

In conclusione, nonostante il bilancio di sostenibilità non sia sempre obbligatorio per legge, molte organizzazioni decidono di pubblicarlo come parte della loro strategia di responsabilità sociale e per migliorare la loro immagine e reputazione.

Indicatori standard per il reporting di sostenibilità

Qualsiasi tipo di rendicontazione sia finanziaria che non finanziaria necessita di metodologie in grado di garantire la completezza e l’attendibilità delle informazioni, nonché la trasparenza del processo seguito per raccoglierle, elaborarle e rappresentarle.

In ambito non finanziario i più noti (e i più utilizzati) indicatori a livello internazionale sono gli standard frutto del lavoro di GRI – Global Reporting Initiative, istituzione indipendente che ha lo scopo di sviluppare e promuovere linee guida, applicabili a livello globale e da qualsiasi tipologia di organizzazione, per la redazione di bilanci di sostenibilità.

Oggi, a livello europeo, sta lavorando sul tema il gruppo di lavoro EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group), un organismo della Commissione europea nel campo del reporting aziendale, che nel 2023 rilascerà il primo set di indicatori – gli standard ESRS – validato da un organismo pubblico e non privato.

L’obiettivo è quello di rendere pubbliche delle linee guida che permettano di comunicare in modo omogeneo, trasparente e soprattutto comparabile i dati analizzati tra le aziende, esattamente come avviene oggi con il bilancio economico finanziario in formato XBRL.

Questo non vuole e non deve essere letto come una standardizzazione della misurazione del valore delle aziende, che farebbe perdere totalmente il valore a tale misurazione, ma soltanto come una base comune di primo confronto.

Il GRI, per placare le preoccupazioni delle imprese che hanno già avviato da tempo processi di rendicontazione, ha espresso la volontà di collaborare con EFRAG e IFRS per consentire alle imprese di implementare i loro processi di reporting di sostenibilità, mantenendo la continuità con GRI senza disperdere il vantaggio competitivo rappresentato dall’aver introdotto in anticipo tali processi organizzativi.

In una recente comunicazione il GRI ha confermato che “fornirà una guida ai professionisti che rendicontano con GRI su come utilizzare le loro pratiche e processi di rendicontazione GRI per soddisfare anche i requisiti ESRS”.

Doppia materialità e percorsi di sviluppo sostenibile

A seguito dell’implementazione del sistema di reporting e della redazione del primo report non finanziario, di regola vengono individuati i gap di miglioramento rispetto a quelle che vengono considerate tematiche materiali.

Si introduce in questo contesto il concetto di doppia materialità disciplinato del GRI, nel quale si evidenzia come la divulgazione di impatti che vanno oltre quelli finanziariamente materiali possa avvantaggiare le aziende e supportare lo sviluppo sostenibile; in altre parole, l’identificazione dei problemi di rilevanza finanziaria risulta incompleta se le aziende non valutano prima i loro impatti sullo sviluppo sostenibile.

Il concetto di doppia materialità invita pertanto a superare la visione disgiuntiva di materialità finanziaria e di materialità degli impatti offrendo invece una soluzione unitaria, che riconosce il valore aggiunto nel definire le tematiche materiali considerando entrambe le prospettive.

Una volta individuati i gap, vengono definiti dei percorsi di sviluppo sostenibile per riuscire a raggiungere i risultati prefissati, arrivando fino a integrare gli aspetti di sostenibilità nel sistema di controllo di gestione aziendale e di remunerazione del personale.

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