Con una recente decisione, la Corte di Cassazione ribadisce che il rispetto delle previsioni regolamentari è una condizione imprescindibile per ottenere i benefici fiscali legati ai costi di carburante. Un principio importante che riguarda la deducibilità dei costi di carburante ai fini delle imposte sui redditi e la detraibilità dell’IVA.
In riferimento a quando ancora erano in vigore le schede carburante, la Cassazione ha affermato che al tempo era necessario indicare il chilometraggio degli automezzi riforniti, in quanto senza questa informazione, i costi relativi al carburante non potevano essere dedotti e non poteva essere detratta l’IVA.
Il contesto normativo
Fino al 2019, le schede carburante erano un documento obbligatorio per i soggetti con partita IVA che acquistavano carburante presso distributori stradali. Tali schede dovevano contenere annotazioni specifiche, inclusa la firma dell’addetto al distributore e il chilometraggio rilevato sugli automezzi a fine mese o trimestre. Solo in presenza di queste informazioni, i costi sostenuti per l’acquisto di carburante potevano essere dedotti e l’IVA poteva essere detratta.
Dal 2011, l’obbligo di tenuta delle schede carburante è venuto meno per chi utilizzava pagamenti elettronici e dal 2019, la scheda carburante è stata definitivamente abolita. Da allora, per la deducibilità fiscale si richiede quindi esclusivamente l’uso di mezzi di pagamento tracciabili.
La vicenda giudiziaria
Il caso esaminato dalla Cassazione riguarda una società che, nel 2008, aveva dedotto i costi del carburante senza riportare il chilometraggio sugli automezzi nelle schede carburante. L’Amministrazione finanziaria aveva emesso due avvisi di accertamento, rettificando il reddito d’impresa dichiarato, sostenendo che non sussistevano i requisiti per la deducibilità dei costi e la detraibilità dell’IVA, in quanto non era stato riportato il chilometraggio sulle schede carburante.
La Commissione tributaria provinciale di Palermo aveva parzialmente accolto il ricorso della società, riducendo l’importo deducibile, mentre la Commissione tributaria regionale della Sicilia aveva accolto integralmente la tesi della società, basandosi sul fatto che l’Ufficio aveva contestato esclusivamente la mancata indicazione dei chilometri e non che le spese per il carburante fossero state effettivamente sostenute.
Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha però accolto il ricordo dell’Amministrazione finanziaria affermando che, in base al DPR n. 444/1997, la mancanza del chilometraggio sulle schede carburante rendeva indeducibili i costi e non detraibile l’IVA.
In conclusione, la Cassazione ha confermato la legittimità della rettifica del reddito d’impresa operata dall’Amministrazione finanziaria, stabilendo che i costi per il carburante non potevano essere dedotti in assenza di un documento conforme ai requisiti normativi che riportava quindi anche il chilometraggio delle autovetture.