Almeno 13 settimane contributive per la Naspi dopo la dimissione per assenza ingiustificata. Nuovi obblighi anche per la malattia del lavoratore

La Naspi è erogata, a domanda, a chi ha perso involontariamente un lavoro subordinato, sia nel settore privato che pubblico (nel secondo caso, però, limitatamente ai rapporti a termine). È corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà di quelle contributive che il lavoratore ha negli ultimi quattro anni. Due i requisiti per il diritto, congiunti: lo stato di disoccupazione e una contribuzione minima (13 settimane).

Serve lo status di disoccupato

È disoccupato il soggetto privo d’impiego per aver perduto involontariamente l’occupazione e che ha dichiarato, con la c.d. Did, l’immediata disponibilità a svolgere lavoro o a partecipare a misure di politica attiva (la domanda di Naspi equivale alla Did). Ciò vuol dire che la Naspi non spetta se il rapporto di lavoro cessa per dimissioni o per risoluzione consensuale a eccezione di alcuni casi (dimissioni per giusta causa, etc.).

Qui è prevista la novità del Collegato lavoro: quando un’assenza ingiustificata si protrae oltre il termine fissato dal Ccnl o, in mancanza, per oltre 15 giorni (il che significa almeno 16 giorni), il rapporto s’intende risolto «per volontà del lavoratore», anche senza eseguire la procedura delle dimissioni telematiche. Di conseguenza, il lavoratore perde il diritto alla Naspi.

Il diritto con 13 settimane di contributi

Il requisito contributivo per il diritto alla Naspi è pari ad almeno 13 settimane di contributi contro la disoccupazione nei quattro anni precedenti all’inizio del periodo di disoccupazione (cioè, al licenziamento). Qui c’è la novità della Manovra: chi si dimette dal lavoro potrà fare richiesta dell’indennità solo dopo avere avuto una nuova occupazione per circa 4 mesi (13 settimane); altrimenti, dovrà attendere il decorso di un anno dalle dimissioni per far valere i contributi versati negli ultimi quattro anni.

Cioè, dal prossimo 1° gennaio, in presenza di una cessazione di lavoro per dimissioni intervenuta precedentemente al licenziamento per il quale si richiede la Naspi, il requisito delle 13 settimane di contributi non potrà essere ricercato nei quattro anni precedenti alla disoccupazione (cioè, al licenziamento), ma dalla data delle dimissioni volontarie. L’introduzione di questa norma è volta ad arginare un fenomeno piuttosto diffuso, ovvero quello dell’assenza ingiustificata tesa a ottenere il licenziamento per giusta causa e accedere alla NASPI.

Non rimane comunque preclusa al datore di lavoro la possibilità di procedere con la contestazione disciplinare e il conseguente licenziamento per assenza ingiustificata, non precludendo al lavoratore l’accesso alla Naspi.

NASPI in malattia: occorre allegare il certificato medico alla domanda

L’INPS, con Mess. 27 dicembre 2024 n. 4468, comunica che dal 1° marzo 2025 i lavoratori che richiedono la Naspi e che sono in malattia al momento della cessazione del rapporto di lavoro, devono allegare alla domanda il certificato medico che attesti il riacquisto della capacità lavorativa o il certificato rilasciato dall’INAIL, per permettere una liquidazione della Naspi ancora più celere.

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