Con la sentenza n. 24477 del 3 settembre 2025, la Corte di Cassazione ha stabilito che la titolarità, in comunione ordinaria con il coniuge, di un’abitazione situata nello stesso Comune in cui si intende acquistare un nuovo immobile, preclude l’applicazione dell’agevolazione “prima casa”.
La pronuncia si fonda sull’interpretazione dell’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/1986, in particolare della Nota II-bis, lettere b) e c), che disciplinano le condizioni per accedere all’aliquota agevolata del 2% sull’imposta di registro (o del 4% sull’IVA). In sintesi:
- Lettera b): vieta il beneficio se l’acquirente è titolare, anche in comunione con il coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione su un’altra casa di abitazione nel medesimo Comune.
- Lettera c): preclude l’agevolazione se l’acquirente (o il coniuge) è titolare, anche in comunione legale, di diritti su un’altra abitazione già acquistata con il beneficio prima casa, salvo impegno alla rivendita entro due anni.
Nel caso esaminato, il contribuente aveva acquistato un nuovo immobile nel Comune in cui già possedeva, in comunione ordinaria con il coniuge, un’altra abitazione. L’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto l’agevolazione, ritenendo violata la condizione di cui alla lett. b). Il contribuente aveva contestato l’avviso, sostenendo che la comunione ordinaria non fosse ostativa, a differenza della comunione legale.
La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che:
- La lett. b) fa riferimento alla “comunione con il coniuge”, senza distinguere tra comunione legale e ordinaria, e va quindi interpretata come riferita a qualsiasi forma di comproprietà con il coniuge.
- La lett. c), invece, menziona espressamente la “comunione legale”, e pertanto la sua applicazione è limitata a tale regime patrimoniale.
La Corte ha inoltre precisato che l’idoneità abitativa dell’immobile già posseduto non rileva ai fini della lett. b), poiché la disponibilità del bene, in costanza di matrimonio, è sufficiente a soddisfare il bisogno abitativo. Di conseguenza, anche un bene detenuto in comunione ordinaria con il coniuge può precludere l’accesso al beneficio, se situato nello stesso Comune.
Infine, la titolarità in comunione con soggetti diversi dal coniuge non comporta la stessa preclusione, poiché la norma fa riferimento esclusivo alla “comunione col coniuge”.
La sentenza conferma un orientamento rigoroso sull’interpretazione delle condizioni agevolative, sottolineando l’importanza di verificare attentamente la situazione patrimoniale prima di procedere con un nuovo acquisto immobiliare agevolato.